Probabilmente se non fossi nata nel periodo estivo mia madre mi avrebbe fatto nascere anche fisicamente tra i tuoi campi, mio amato Basket! Sei un Dono perché tramite te ho vissuto appieno la vita, nel bene e nel male, e ancora non è finita qui. Dono inteso come Talento e come Regalo, rendendomi sempre felice, nonostante tutto e tutti, non soltanto come sentimento legato alla vittoria di una gara ma proprio come stile di vita.
Ci incontrammo per la prima volta all’Anto (Antonianum Basket a Quartu S.Elena), ricordi? Nella storica palestra di via S. Antonio dove dall’età di 3 anni incomincia a conoscerti e a costruire le basi portanti di una passione senza fine. Fin da piccola ho avuto gli occhi addosso, di tutti. Ero brava, ero ribelle.
Arrivarono, praticamente contemporaneamente, la lettera di convocazione dalla Nazionale Bam come riserva a casa e le richieste dalla Virtus Viterbo (A1) e dal Cus Cagliari (A2). La scelta non fu per niente facile; proprio quell’estate (14enne) la mia famiglia decise di trasferirsi a Cagliari e, visto l’inizio travagliato della mia terribile adolescenza, mi sembrò la “fine” di tutto.
Vorrei approfittare di questa lettera per rinnovare pubblicamente la mia gratitudine e riconoscenza nei confronti della mia famiglia d’origine e soprattutto di mia madre che mi ha sempre lasciato libera di crescere con i miei gusti e i miei tempi, senza mai condizionarmi o plasmarmi a loro piacimento (e adesso da mamma capisco quale sia la forte tentazione
quasi inconsapevole di farlo), e ancora di più mi hanno sempre supportata, nonostante le mie alzate di testa!
La decisione fu presto presa perché sapevo nel mio profondo che per affrontare quel periodo al meglio dovevo stare ancorata alla mia famiglia, anche fisicamente.
Iniziarono così due anni fenomenali al Cus Cagliari (A2) incontrando i miei primi punti di riferimento, fra tutte Federica Zudetich che mi prese quasi letteralmente fra le sue braccia: mi consigliò in che modo dovessi affrontare il grande viaggio che mi stava per attendere ma soprattutto mi trasmise tutta la sua passione. Conobbi personalmente anche tante
compagne precedentemente avversarie con la quale nacque una profonda e sincera amicizia (non posso non menzionare la mia Franci Franci, Francesca Dedola). Momenti direi gloriosi, non tanto per gli obiettivi che stavo raggiungendo quanto per come mi sentivo nel raggiungerli, fino al fatidico Trofeo delle Isole, quasi sedicenne. Fu a causa di
un semplice terzo tempo, forse uno dei primi movimenti imparati tra i tuoi campi, che arrivò un grave infortunio alla caviglia con la quale non solo rischiavo di non giocare più – neanche il Fisiatra aveva mai visto niente di simile (lo paragonò a quello di Van Basten del calcio) – ma proprio di tornare a camminare, perché a causa di inadeguate cure iniziali il mio piede stava andando in cancrena. La botta interiore (oltre che il dolore fisico) fu devastante, mi chiesi: «E adesso?».
Fu in questo periodo che arrivò l’Incontro per eccellenza della mia vita: quello con Dio, con Gesù, con la Fede che mi rende invincibile anche davanti all’impossibile umano. Consapevolizzai che fossi un Dono troppo prezioso e la mia
passione per te si trasformò in amore, inoltre compresi profondamente che il Talento che possedevo era troppo proficuo per sotterrarlo. Quindi volli fortemente ricominciare a camminare (dopo un lunghissimo mese in stampelle), fare
tanta fisioterapia, rimettermi in discussione ma soprattutto, stando ferma così a lungo, sotterrare piuttosto la mia “buona forchetta”… Il basket è fatto di incontri e la seconda opportunità me la concesse il Cus Cagliari e la fiducia del dirigente Massimo Protani che credette in me fin dal nostro primo incontro: «Sa pippia, ti prometto che ti farò diventare una giocatrice, ti voglio bene». Lui fu decisamente di parola ma in futuro fui io stessa a decidere di non
desiderare di diventare il prototipo di giocatrice che la maggior parte si aspettava da me.
Dopo l’infortunio, mi attesero due anni fortificanti soprattutto per capire chi volessi diventare da grande e la mia risposta principale fu sempre la stessa: Alessandra Fidossi. Avevo 19 anni, e non sentendomi più autentica e valorizzata per i miei tanti sacrifici e anche risultati (Cus Cagliari-Ancona in A2 18 punti in 18 minuti) – e questo per me significava essere pronta e in grado di dare un contributo reale e concreto alla mia squadra – finì in panchina, forse perché nel contratto di qualche compagna c’era un accordo di minutaggio? Allora quella volta decisi di prendere non il treno, ma la nave: destinazione Battipaglia (SA). Ho piacere di menzionare anche Francesca Strano e Gaetano Frongia, miei nuovi punti di riferimento di quella esperienza oltremare, e fu bello avere la fiducia del coach e giocare i play-off per salire in A2. A fine stagione riuscii anche a diplomarmi.
Quando poi mia sorella mi propose di essere sua testimone di nozze, mi resi conto di essere diventata la Donna che desideravo diventare, col coraggio di dire No ad un prototipo di te (Basket) che purtroppo, soprattutto a quei livelli, la maggior parte delle società ci propinano: trattarci da professioniste (pur non essendolo) non per il nostro valore, ma solamente a proprio vantaggio.
I miei anni d’oro sono iniziati a Sassari, alla corte del Sant’Orsola Sassari di Nereo e Andrea Vasconi, dove conosco un’altra persona importante della mia vita a spicchi, Benedetta Abbruzzese. Come impossibile non menzionare coach Daniele Cordeschi, soprattutto durante il campionato di serie A3, un anno ricco di soddisfazioni. Sintomo di non essere diventata chissà quale giocatrice ma una persona con la passione del basket all’apice della serenità e della fiducia in me stessa, requisiti che permisero di far emergere tutte le potenzialità in mio possesso, anche quelle più latenti. Questi sono i stati davvero i miei anni d’oro, soprattutto perché incontrai persino l’uomo della mia vita, Daniele Vidili, l’unico in grado di tenermi testa!
Consapevole che non avrei potuto vivere per sempre solo di basket, decisi poi di rientrare a Cagliari dove mi attesero prima la Virtus Cagliari (A2) e l’anno successivo l’Astro Cagliari (A2), insieme ad altri progetti socio-educativi compresa
l’attività di Istruttrice di Mini Basket. Anche quest’ultima società divenne il mio punto di riferimento, il te (Basket) sano e genuino che intendo io. Qui rincontrai, con immenso piacere e ammirazione, Sabrina Pacilio, con la quale ci conoscemmo già al Cus Cagliari, ma anche la mitica Tatiana Martellini, Alessandra Ganga con la sua
spontaneità disarmante (totalmente in positivo) e conobbi l’immensa Pat Marcello, forse la giocatrice più forte con la quale abbia mai giocato insieme ad Ana Ljubenovic. Durante questa speciale esperienza conobbi da più vicino anche il coach Carlo Zedda e finalmente riuscii ad assistere alle sorprendenti magie di Ermanno Iaci.
Dopo il matrimonio con Daniele sono arrivati Amelia (2017) e Giacomo (2018), e mi chiedo sempre se si appassioneranno al basket quanto me. Di certo, da istruttrice mini basket, il mio obiettivo è quello di restituire ilDono meraviglioso di te che mi è stato regalato e anche affidato tanto tempo fa.
Sono tornata a giocare anche dopo le due gravidanze, a 31 anni suonati, sempre col Sant’Orsola, e ho avuto ancora una volta il gusto autentico e originale del Basket. Perché non importa quanti e quali obiettivi raggiungi, è nel modo in cui ti senti nel raggiungerli, mantenendo la propria umiltà e semplicità, che si riesce ad apprezzare questo sport.
Grazie di tutto e a prestissimo mio caro amore senza fine…
Tua per sempre
Alessandra Fidossi