March Madness, tra sogno e realtà

Il basket femminile in America è ormai un culto. E a marzo, il mese della follia (March Madness), tutti guardano il basket universitario (NCAA).
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Sogniamo per un attimo di essere in America, in una piccola cittadina come tante ,e che sia Marzo. L’aria è frizzantina, il tostapane ha scattato e il pane per il toast della colazione è pronto. Accendiamo la tv mentre spalmiamo il burro di arachidi e nelle immagini del notiziario fanno breccia tiri a canestro, interviste e highlights. Non sono quelli della più conosciuta NBA, ma a Marzo, il mese della follia, March Madness, scorrono per prime le immagini del NCAA, il campionato universitario. Riduttivo descriverlo così perché se si pensa alle università italiane e ai loro tornei interni, non c’è veramente paragone.

Si parla di milioni di dollari di investimento, di atlete già professioniste o sul procinto di esserlo e con sponsorizzazioni sportive dei più noti marchi già in essere da qualche anno. E se si è promettenti già dall’high school le scarpe a lei e alla sua squadra vengono regalate.

Parliamo al femminile perché ormai, anche con le dovute proporzioni, il basket femminile in America è un culto. Parliamo di pallacanestro femminile perché da poco ci sono stati grandi eventi che ci portano a raccontare quella fetta di basket di genere che sta facendo sognare le giovani atlete e che potrebbero essere di grande ispirazione per chi nel vecchio continente sogna di giocare ad alti livelli. Ma partiamo dall’inizio.

Cosa bisogna fare per arrivare alla March Madness? Intanto far parte di una squadra di NCAA (lega universitaria), essere nella Division I (la serie più alta delle 3) e vincere uno dei tornei di Stato che danno l’accesso di diritto al Bracket (tabellone stile tennistico da dentro o fuori, su campo neutro) per avanzare e arrivare alla cosi detta Sweet sixteen, le 16 migliori università d’America. Arriviamo così al caldissimo mese di Marzo dove nel giro di poco meno di tre settimane si decidono le sorti di giocatrici che presto potrebbero calcare campi internazionali, di WNBA o semplicemente vincere un titolo universitario e diventare delle donne in carriera laureate in una delle facoltà più prestigiose con un anello nel loro curriculum.

“When you think you can’t, UCONN”. Era il 2017 quando Gigi Bryant scrisse queste parole per consolare il suo coach preferito, Geno Auriemma, che con le su huskies furono sconfitte in semifinale da una South Carolina (foto di copertina, ndr) che poi si aggiudicò il titolo contro Mississippi State. Gigi quest’anno sarebbe stata Freshman, ovvero al suo primo anno di Università e si sarebbe trovata a vivere una di quelle esperienze che ti cambiano la vita. La final 4 NCAA a Tampa in Florida, e non solo, l’avrebbe pure vinta, alla guida di quel coach che già da bambina individuava come mentore e guida. Auriemma si distingue per questo: a 71 anni suonati è un leader carismatico, saggio, che gioca una pallacanestro semplice e coinvolgente, dove al centro del gioco c’è la squadra, non la stella di turno, che comunque trova spazio e visibilità. Geno Auriemma è sulla panchina di UConn da “soli” 40 anni e ha un palmares incredibile: con UConn quest’anno ha raggiunto il 12° titolo, ma per lui ci sono anche medaglie con la nazionale americana, Olimpiadi, Coach of the year e chi più ne ha più ne metta.

Il cammino verso la finale è stato quello di una squadra schiaccia sassi, nessun sussulto o finale da togliere il fiato, ha imposto il suo valore tecnico e tattico per tutta la partite giocate, il ruolino di marcia è stato di 31 vittorie e 3 sconfitte in stagione, con 10 vittorie consecutive nelle ultime 10 partite. In finale non si può di certo dire che ci fosse l’ultima della classe, ma le campionesse uscenti di South Carolina, guidate da Dawn Staley, la stessa ad aver eliminato UConn nel 2017, una delle poche allenatrici ad aver sconfitto Uconn.

Questa foto, come quella di copertina, è di Lorie Shaull.

Oltre a essere un evento di grande impatto mediatico ed economico, la March Madness è una vera e propria vetrina, condita dalla presenza di talent scout, giocatrici della WNBA ed ex giocatrici ora opinioniste come Sue Bird, Diana Taurasi con il loro programma tv, erano a bordo campo a commentare la finale. Il tutto poi si concluderà con l’ultimo evento, il più importante della stagione prima dell’inizio del campionato WNBA: il Draft. Il 14 aprile molte delle protagoniste della sweet sixteen saranno chiamate, scelte per iniziare l’avventura della WNBA. Ci si aspetta che quest’anno la prima chiamata sia Paige Bueckers, la nuova stella proprio di UConn. Non sarebbe la prima volta che una giocatrice cresciuta sotto l’ala di Geno Auriemma diventa la prima scelta del Draft. Taurasi, Charles, Moore, Stewart sono delle leggende del basket femminile che hanno vestito la maglia delle huskies. Non ci resta che aspettare il 14 Aprile e scoprire le nuove stelline che tenteranno la scalata all’olimpo del basket.

Come seguire il basket femminile americano? Beh questo è sicuramente più complicato, vedere la finale in diretta è stata un’impresa: necessario installare un vpn, connettersi ad ABC, uno dei tanti canali dedicati allo sport, e guardarlo tramite la YouTube TV. Per seguire la WNBA è tutto più semplice: c’è l’app dedicata e un abbonamento stagionale da poco più di 30 euro che permette di vedere in diretta o in differita tutte le partite della stagione, highlights e approfondimenti su tutte le squadre della franchigia. Quindi non ci resta che attendere il draft e poi prepararci per una stagione che si preannuncia molto interessante per tanti aspetti: uno fra tanti la riconferma di Caitlin Clark con una squadra rivoluzionata, Indiana, che ha tutti i presupposti per lottare per arrivare tra le prime 4 squadre a contendersi il titolo. New York Liberty, le campionesse uscenti, non staranno di certo a guardare e al loro zoccolo duro di star, tra cui Sabrina Ionescu, hanno aggiunto dei tasselli che hanno rinforzato una squadra già molto solida. Occhi puntati sul draft dunque, e pronti per un’estate a tutta WNBA!

 

Francesca Amadasi