Mauro Graviano: “Gioco sempre per vincere”

Playmaker cagliaritano, si è sempre distinto nei parquet sardi e non solo per la sua personalità e le sue qualità tecniche e continua ancora oggi a fare la differenza. Mauro Graviano si racconta a 360 gradi.
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Playmaker cagliaritano, si è sempre distinto sui parquet sardi e non solo per la sua personalità e le qualità tecniche. Oggi continua a fare la differenza, sia fuori sia dentro il campo. Mauro Graviano si racconta a 360 gradi.

Classe ’89, playmaker di grande talento ed esperienza, Mauro Graviano lo scorso anno ha vinto il titolo regionale della Serie C Silver con la maglia della Ferrini Quartu. Si conferma per la nuova stagione come perno della squadra e dirige l’Under 17 Eccellenza maschile come capo allenatore. Ecco quanto emerso dalla nostra chiacchierata:

Mauro, a quanti anni hai iniziato a praticare basket? Come mai ti sei avvicinato a questo sport?

Ho iniziato a giocare a basket all’età di 3 anni appena ho iniziato la scuola materna. Mia sorella, che è più grande di me, giocava già alla Scuola Basket perché la palestra era proprio vicino a casa nostra.

Nel corso della tua carriera hai conosciuto tanti allenatori. C’è qualcuno che ha inciso maggiormente nel tuo percorso?

Devo la conoscenza di tutto il mio patrimonio tecnico ad Ermanno Iaci, che è stato fondamentale per la mia crescita e ancora oggi lo ringrazio. Ho incontrato tanti altri allenatori e ognuno di loro mi ha insegnato qualcosa di nuovo, ma posso dire con certezza che Ermanno è l’allenatore a cui sono più grato.

Quali sono stati i momenti migliori della tua carriera? Hai mai dovuto affrontare dei momenti difficili?

Nel corso della mia carriera mi sono tolto tante soddisfazioni. A livello giovanile, ho vinto molti titoli regionali e provinciali sempre con la maglia della Scuola Basket e sicuramente i duelli più belli sono stati quelli contro la corazzata dell’Esperia, visto che noi eravamo una semplice squadra di quartiere. A livello senior, quando avevo 18 anni, ho ricevuto la chiamata in serie B da parte della Russo e da lì sono entrato a far parte del vero basket italiano. Ho avuto l’onore di avere in squadra atleti di altissimo livello come Roberto Pintor, Maurizio Pedrazzini, Giuseppe Villasanta e Gionata Putignano e per me è stato davvero bellissimo poter essere uno di loro. L’anno dopo abbiamo disputato il campionato di B1 e ho sfidato giocatori come Vincenzo Esposito (ex NBA) ed Emanuele Rotondo. Anche quando ho vestito la maglia di Recanati, ho avuto la possibilità di giocare con e contro dei veri professionisti. Il ritorno in Sardegna con i Pirates Sestu è stato bellissimo: non eravamo sicuramente i favoriti, ma nonostante ciò abbiamo vinto il campionato regionale (che è stato molto combattuto) e gli spareggi contro diverse squadre della Penisola. Devo dire che anche i due anni in serie B nazionale con i Pirates rimarranno nel mio cuore, anche se probabilmente resta il dispiacere per come si sono concluse le due annate, infatti per me è stato davvero difficile accettare le due retrocessioni.

È stata altrettanto dura da digerire l’uscita ai playoff con la Ferrini due anni fa, perché ha coinciso con un infortunio che mi ha tenuto fermo per tutta l’estate. Non volevo riprendere, ma fortunatamente, essendo stato assistente di una squadra under, sono stato spronato dai ragazzini e da lì è tornata la voglia di rimettermi in gioco. I vari infortuni che ho dovuto affrontare durante la mia carriera sono niente rispetto alla delusione di non aver potuto aiutare la mia squadra durante i playoff.

Quanto incide nella tua performance l’affetto e il calore del pubblico che ti stima?

Non so esattamente quanto incidano nelle mie giocate, ma so per certo che mi piace far divertire il pubblico e strappare loro un sorriso. Mi fa “gasare” sentire urlare il mio nome dai tifosi per incitarmi.

Obiettivi di squadra e personali per la stagione in corso.

L’obiettivo principale della società è quello di far crescere i giovani, per questo il roster di quest’anno è composto da diversi senior e da cinque under. Vorremmo permettere ai nostri ragazzi di avere più minutaggio in campo e migliorare partita dopo partita, sotto la nostra guida e personalmente sono soddisfatto dei traguardi che stanno raggiungendo, anche se possono e devono fare molto di più.

L’altro obiettivo, non meno importante, è quello di vincere sempre, perché io gioco sempre e solo per vincere. Mi metto a disposizione della squadra, cerco di aiutare i giovani sia in allenamento sia in partita, ma se servono punti, assist o una difesa aggressiva sono sempre in prima linea: posso affermare di essere un grande tifoso della mia squadra e per questo lavoro duro affinché vengano raggiunti grandi risultati.

Si capo allenatore dell’Under 17 Eccellenza, che consigli dai ai tuoi giovani atleti?

L’unico consiglio che mi sento di dare ai giovani atleti della mia squadra e a tutti coloro che amano questo sport è quello di allenarsi costantemente e duramente, senza mai togliere tempo allo studio. È bene organizzarsi al meglio con i compiti così da trascorrere il maggior tempo possibile in palestra: non fermarsi mai solo all’allenamento, ma arrivare prima o trattenersi dopo per perfezionare la tecnica, il tiro o per sfidare chiunque si incontri al campo. Questo l’ho vissuto proprio sulla mia pelle, infatti dopo Ermanno, penso di essere io stesso il mio miglior allenatore. Ricordo che quando ero piccolo, soprattutto durante l’estate, trascorrevo buona parte delle mie giornate a giocare 3vs3, 5vs5 o semplicemente giro di Francia e 21. Solo allenandosi “a manetta” si possono raggiungere certi risultati. Io personalmente provo a trasmettere la passione che provo per il basket ai miei ragazzi sia da allenatore sia da compagno di squadra e vorrei che la palestra diventasse per loro una seconda casa, come lo è stato per me. 

Preferisci vivere le partite in campo da giocatore o in panchina da allenatore? 

Il ruolo di allenatore mi piace tanto, ma sentendomi ancora inesperto lo trovo faticosissimo e non riesco ancora ad apprezzarlo pienamente. Per questo, senza dubbio, al momento preferisco ancora vivere le partite da protagonista in campo.

 

di Ilaria Mura